Santa Gianna Beretta Molla e San Paolo VI
Cuba

COMO ESTA? COMO ANDA?

Dopo otto mesi dall’arrivo a Cuba, don Davide pone alcune riflessioni sulla realtà sociale, religiosa e culturale che sta vivendo oggi

 

Lettera 7, ottobre 2025

Palma Soriano - Cuba



Sono le domande che mi sento rivolgere molte volte al giorno, la medesima domanda che mi giunge ad ogni messaggio o telefonata dall’Italia. “Come sta? Come va?”


In questa lettera di ottobre non mi limiterò a rispondere: “tutto bene!”, ma ne approfitterò per andare un poco in profondità per tentare di rispondere anzitutto a me stesso; chi mi conosce sa bene che non è mia abitudine condividere aspetti che mi riguardano.


Dopo otto mesi dal mio arrivo a Cuba, come sto in questa realtà sociale, religiosa e culturale così differente?


Pochi mesi (o tanti?) sono sufficienti per rileggere alcune fasi che si sono

succedute: l'entusiasmo degli inizi, con un mondo tutto da scoprire; lo scontro con una condizione di vita quotidiana non sempre favorevole; una prima conoscenza delle persone più vicine alla parrocchia, i collaboratori delle diverse attività, le catechiste, i giovani, gli animatori di comunità; il fare i conti con il senso di impotenza di fronte alle mille necessità dei poveri e delle famiglie; il crescere nella consapevolezza che ci vorranno anni per comprendere meglio le ragioni della condizione di vita attuale; il senso di frustrazione constatando che basta un temporale perché le strade diventino impraticabili e non si possano raggiungere i villaggi di campagna come programmato e la gente non esca di casa (e i temporali sono frequenti!); non da ultimo la fatica di comunicare in una lingua che sta diventando sempre più familiare, ma rimane pur sempre “un'altra lingua”, con la necessità di farsi ripetere le cose o nel timore di non essere stato compreso.


Sono questi alcuni degli aspetti che hanno attraversato il mio animo. Nulla di insormontabile, tutto già messo in conto e prevedibile (molti punti riguardano ogni cambio di parrocchia anche nella stessa diocesi di Milano). Eppure credo che abbiano inciso a livello inconscio e il segnale del sonno

notturno non sempre regolare e riposante ne è la conseguenza. Ma sto bene. Non lo dico per rassicurare, è la realtà!


Anche il fisico sta tentando di adattarsi: alimentazione differente (mi

manca la verdura fresca!), caldo umido, ritmi giornalieri inizialmente inconsueti (alle 19.00/19.30 tutto si blocca, soprattutto ora che le giornate si stanno accorciando, come in Italia, e spesso manca la corrente e quindi il buio cala sulla città…), infezioni veicolate da zanzare e insetti con tutta

l'attenzione che questo richiede (ho avuto un paio di episodi con febbre o malessere generale, tutto nella norma).


Mentre scrivo mi domando se non stia correndo il rischio di suscitare un allarmismo inutile. Mi raccomando: niente allarmismi in chi leggerà! Perché non c'è motivo per allarmarsi.


Come sto affrontando le nostalgie? Perché certamente mi stanno mancando persone, amicizie e affetti sui quali normalmente potevo contare (so benissimo che anche ora posso contare su di esse, ma la distanza e l'impossibilità di incontrarsi o semplicemente di sentirsi stanno marcando un vuoto). Rispondo dicendo che tale mancanza favorisce in me i ricordi, forse anche un poco di malinconia, e al tempo stesso alimenta il desiderio di poter nuovamente incontrare, raccontarsi, condividere: vi confesso che non vedo l'ora di un po’ di vacanza per rientrare al paese e in famiglia! L'importante è che anche su questo aspetto ci sia una buona dose di serena pazienza.


E la mia fede? Come sta? Non vi è dubbio che, quando si vivono momenti nei quali occorre trovare un nuovo ordine, anche lo spirito venga coinvolto in questa ricerca. La mia fede nel Signore Gesù rimane fresca e meravigliata, sempre! Non posso che ringraziare Dio per questo. Oltretutto il mio “dover” celebrare la Messa quotidianamente, anche più volte al giorno, e il contatto con i poveri sono una buona garanzia di stabilità. Ma anche qui sono cambiate consuetudini, riferimenti, tradizioni: in una chiesa secolare, ma che fa i conti con una sua storia tutta originale e con un sincretismo religioso (cioè un miscuglio confuso di credenze religiose di varia provenienza) niente va dato per scontato, considerando anche che la maggioranza della gente che frequenta la parrocchia ed è impegnata nei vari servizi non ha un cammino di fede che di pochi anni. Questo mi sta chiedendo di semplificare molto il mio pensiero e il mio parlare, andando all'essenziale. Vedo e vivo questo come un'opportunità non scontata per ritrovare costantemente il fondamento della mia e nostra fede.


Alla fine…come sto?


Al posto giusto nel momento giusto della mia vita di uomo e di cristiano, con tutti gli aggiustamenti necessari per vivere al meglio il presente, cioè il tempo che mi è dato. Mi auguro che ciascuno di noi possa vivere pienamente il tempo che gli è dato.


E spero di rivedervi presto!! (ma non sarà tanto presto…).


don Davide

SEMBRAR (seminare)

Palma Soriano (Cuba) - Giugno 2025


Lo scorso anno si sono celebrati i cinquecento anni di fondazione della Diocesi di Santiago de Cuba, testimonianza della presenza secolare del cristianesimo in quest’isola. Una Chiesa custode di fede e tradizioni, alle prese con cambiamenti epocali come in tutto il resto del mondo, una Chiesa che saluta con orgoglio il secondo Papa latino-americano. Eppure, oggi ci si trova anche nel contesto di “prima evangelizzazione”. Questa condizione è l’esito di un percorso storico e sociale che ha riguardato questo popolo; pur mantenendo un senso religioso diffuso (che fa riferimento a Dio e alla Vergine Maria, oppure alla santeria – che nasce dal sincretismo di elementi della religione cattolica con altri della religione tradizionale yoruba, praticata dagli schiavi africani e dai loro discendenti a Cuba, in Brasile, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Panama), ha smarrito in gran parte la connotazione “cristiana”.


Così succede che qualcuno, rivolto con devozione alla statua della Madonna, rimanga sorpreso nel sapere che si tratti della madre di Gesù. Non sono certo in grado di dare una lettura e interpretazione di quanto è accaduto o sta accadendo ora nell’esperienza di fede di questo popolo, anche a motivo dell’assoluta parzialità di tempo e di spazio della mia esperienza qui; ma non posso non cogliere alcuni segnali, nella logica del piccolo seme gettato nel terreno, come un invito a guardare con fiducia al futuro della Chiesa cubana.


Qualche settimana fa, in uno dei villaggi che fanno parte della Parrocchia di Nostra Signora del Rosario, è stata fatta una proposta “audace”, perché nuova: sono stati invitati a una domenica insieme, i genitori di una dozzina di bambini e ragazzi che abitualmente frequentano la catechesi e la messa (il sabato mattina, a settimane alterne). Per poterli conoscere, almeno vederli una volta. Insieme genitori e figli per ascoltare, cantare, pregare, giocare, pranzare. È stata davvero una mattinata speciale, da replicare in altre comunità, dove le condizioni lo permetteranno. Erano presenti tutte le mamme, solo le mamme… Nessun giudizio o ironia. Attraverso una rappresentazione proposta da alcuni giovani e una semplice riflessione accessibile a piccoli e grandi ci si è soffermati sull’esperienza dell’incontro di Pietro con Gesù.



La scena è narrata nel Vangelo di Luca, al capitolo 5. Pietro ha appena intuito la straordinarietà di quel maestro che ha parlato alla gente stando sulla sua barca e contemporaneamente si è riconosciuto inadeguato; gettandosi ai piedi di Gesù lo supplica: ”Allontanati da me, perché sono un peccatore”. E la proposta di Gesù: “Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini”; è l’invito a seguirlo per una vita “altra”. È seguita un’attività a gruppi, con la domanda rivolta da don Adriano, il parroco, alle mamme: “Cosa vi ha detto questa scena del Vangelo?”. Che tenerezza vedere quelle donne sedute in circolo tra il sorpreso e l’imbarazzato per la situazione inedita. Poi qualcuna ha cominciato a dire qualcosa, poi un’altra e così via. Riferisco solo una di queste condivisioni: ”Non avevo mai sentito questo racconto, mi è piaciuto, mi è piaciuto molto, perché ho capito che il Signore non si ferma a dire che Pietro è un peccatore, ma si fida di lui e gli regala la sua amicizia”.


Non è meravigliosa questa semplice considerazione? Che esperienza di vita ci sarà dietro tali parole? Quella donna ha sentito risuonare il Vangelo della misericordia. Il seme è stato gettato.

Alcune di loro non sono battezzate, hanno sentito parlare di Dio e della Chiesa soprattutto dalle nonne, donne che hanno ricevuto una formazione cristiana dalle numerose suore presenti nel paese caraibico fino a metà del secolo scorso.


Un secondo segnale mi invita alla speranza. Un mese fa una signora ottantenne ha ricevuto la Prima Comunione; la settimana scorsa una signora ottantaduenne, emozionatissima, ha ricevuto il Battesimo; nella Domenica della Santissima Trinità quattordici adulti hanno celebrato il Battesimo e la Prima Comunione dopo un ampio cammino di preparazione: un giovane diciottenne e tredici donne tra i 16 e i 65 anni (la fascia che manca per unire i tanti bambini coinvolti nell’iniziazione cristiana e gli anziani che conservano una tradizione). Il tutto dentro una comunità parrocchiale vivace, che è cresciuta negli ultimi 25 anni, impegnata da sempre a custodire, vivere e annunciare la fede nel Signore Gesù in un contesto che ha attraversato anni molto bui e duri.


Altri adulti e giovani si stanno formando nelle piccole comunità di campagna per celebrare i sacramenti; certo, se guardiamo ai numeri, tutto appare come irrilevante. Eppure, il seme fiorisce.

Si intrecciano, come sempre e ovunque è stato e sarà, il tempo della semina del Vangelo, il tempo della cura dei germogli e il tempo del raccolto.


Non mancano gli ostacoli legati alla storia di questo paese, alla seduzione che arriva da modelli di vita illusori e distruttivi, alle divisioni talvolta accese tra diverse confessioni cristiane presenti sul territorio, alle difficoltà della vita quotidiana che stanno togliendo il respiro.


C’è speranza per la Chiesa cubana. Una Chiesa “al femminile” e per questo “tenace e vicina”.

C’è speranza per questo popolo.


don Davide


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