Palma Soriano (Cuba) - Giugno 2025
Lo scorso anno si sono celebrati i cinquecento anni di fondazione della Diocesi di Santiago de Cuba, testimonianza della presenza secolare del cristianesimo in quest’isola. Una Chiesa custode di fede e tradizioni, alle prese con cambiamenti epocali come in tutto il resto del mondo, una Chiesa che saluta con orgoglio il secondo Papa latino-americano. Eppure, oggi ci si trova anche nel contesto di “prima evangelizzazione”. Questa condizione è l’esito di un percorso storico e sociale che ha riguardato questo popolo; pur mantenendo un senso religioso diffuso (che fa riferimento a Dio e alla Vergine Maria, oppure alla santeria – che nasce dal sincretismo di elementi della religione cattolica con altri della religione tradizionale yoruba, praticata dagli schiavi africani e dai loro discendenti a Cuba, in Brasile, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Panama), ha smarrito in gran parte la connotazione “cristiana”.
Così succede che qualcuno, rivolto con devozione alla statua della Madonna, rimanga sorpreso nel sapere che si tratti della madre di Gesù. Non sono certo in grado di dare una lettura e interpretazione di quanto è accaduto o sta accadendo ora nell’esperienza di fede di questo popolo, anche a motivo dell’assoluta parzialità di tempo e di spazio della mia esperienza qui; ma non posso non cogliere alcuni segnali, nella logica del piccolo seme gettato nel terreno, come un invito a guardare con fiducia al futuro della Chiesa cubana.
Qualche settimana fa, in uno dei villaggi che fanno parte della Parrocchia di Nostra Signora del Rosario, è stata fatta una proposta “audace”, perché nuova: sono stati invitati a una domenica insieme, i genitori di una dozzina di bambini e ragazzi che abitualmente frequentano la catechesi e la messa (il sabato mattina, a settimane alterne). Per poterli conoscere, almeno vederli una volta. Insieme genitori e figli per ascoltare, cantare, pregare, giocare, pranzare. È stata davvero una mattinata speciale, da replicare in altre comunità, dove le condizioni lo permetteranno. Erano presenti tutte le mamme, solo le mamme… Nessun giudizio o ironia. Attraverso una rappresentazione proposta da alcuni giovani e una semplice riflessione accessibile a piccoli e grandi ci si è soffermati sull’esperienza dell’incontro di Pietro con Gesù.
La scena è narrata nel Vangelo di Luca, al capitolo 5. Pietro ha appena intuito la straordinarietà di quel maestro che ha parlato alla gente stando sulla sua barca e contemporaneamente si è riconosciuto inadeguato; gettandosi ai piedi di Gesù lo supplica: ”Allontanati da me, perché sono un peccatore”. E la proposta di Gesù: “Non temere, d’ora in poi sarai pescatore di uomini”; è l’invito a seguirlo per una vita “altra”. È seguita un’attività a gruppi, con la domanda rivolta da don Adriano, il parroco, alle mamme: “Cosa vi ha detto questa scena del Vangelo?”. Che tenerezza vedere quelle donne sedute in circolo tra il sorpreso e l’imbarazzato per la situazione inedita. Poi qualcuna ha cominciato a dire qualcosa, poi un’altra e così via. Riferisco solo una di queste condivisioni: ”Non avevo mai sentito questo racconto, mi è piaciuto, mi è piaciuto molto, perché ho capito che il Signore non si ferma a dire che Pietro è un peccatore, ma si fida di lui e gli regala la sua amicizia”.
Non è meravigliosa questa semplice considerazione? Che esperienza di vita ci sarà dietro tali parole? Quella donna ha sentito risuonare il Vangelo della misericordia. Il seme è stato gettato.
Alcune di loro non sono battezzate, hanno sentito parlare di Dio e della Chiesa soprattutto dalle nonne, donne che hanno ricevuto una formazione cristiana dalle numerose suore presenti nel paese caraibico fino a metà del secolo scorso.
Un secondo segnale mi invita alla speranza. Un mese fa una signora ottantenne ha ricevuto la Prima Comunione; la settimana scorsa una signora ottantaduenne, emozionatissima, ha ricevuto il Battesimo; nella Domenica della Santissima Trinità quattordici adulti hanno celebrato il Battesimo e la Prima Comunione dopo un ampio cammino di preparazione: un giovane diciottenne e tredici donne tra i 16 e i 65 anni (la fascia che manca per unire i tanti bambini coinvolti nell’iniziazione cristiana e gli anziani che conservano una tradizione). Il tutto dentro una comunità parrocchiale vivace, che è cresciuta negli ultimi 25 anni, impegnata da sempre a custodire, vivere e annunciare la fede nel Signore Gesù in un contesto che ha attraversato anni molto bui e duri.
Altri adulti e giovani si stanno formando nelle piccole comunità di campagna per celebrare i sacramenti; certo, se guardiamo ai numeri, tutto appare come irrilevante. Eppure, il seme fiorisce.
Si intrecciano, come sempre e ovunque è stato e sarà, il tempo della semina del Vangelo, il tempo della cura dei germogli e il tempo del raccolto.
Non mancano gli ostacoli legati alla storia di questo paese, alla seduzione che arriva da modelli di vita illusori e distruttivi, alle divisioni talvolta accese tra diverse confessioni cristiane presenti sul territorio, alle difficoltà della vita quotidiana che stanno togliendo il respiro.
C’è speranza per la Chiesa cubana. Una Chiesa “al femminile” e per questo “tenace e vicina”.
C’è speranza per questo popolo.
don Davide
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