Presentazione
L’ecclesiologia del Vaticano II e il Sinodo 47° evidenziano che l’azione pastorale ha come soggetto proprio non il solo parroco o responsabile di comunità pastorale, né i soli ministri ordinati con la collaborazione di qualche fedele, ma l’intera comunità cristiana e questa «soggettività dell'intera comunità parrocchiale non può limitarsi a essere un'affermazione astratta, ma deve tradursi in realtà concreta» (cost. 142, § 1).
Strumento principale per esprimere questa soggettività è il Consiglio Pastorale che, come ricorda la cost. 147, § 2, «ha un duplice fondamentale significato: da una parte rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità parrocchiale di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall’altra costituisce lo strumento della decisione comune pastorale».
Il Consiglio Pastorale Unitario è la struttura analoga al Consiglio Pastorale Parrocchiale con riferimento alla ‘Comunità Pastorale’, intesa come soggetto canonicamente istituito. Non si tratta pertanto di un semplice organismo unitario, rispetto alle singole parrocchie, ma di un vero Consiglio Pastorale unito in cui la Comunità Pastorale, nel rispetto della proporzione tra le diverse parrocchie, si esprime come un’unica soggettività.
“La Chiesa, in quanto «è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano» [LG1], è realtà di comunione. Ciò caratterizza essenzialmente la vita e missione del popolo di Dio nel suo insieme, ma anche la condizione e l'azione di ciascun fedele”. (Cost. 132 § 1)
“La Chiesa è popolo di Dio in cui tutti i fedeli, in virtù del battesimo, hanno la stessa uguaglianza nella dignità e nell'agire, partecipando all'edificazione del Corpo di Cristo secondo la condizione e i compiti di ciascuno. Esiste, quindi, una reale corresponsabilità di tutti i fedeli nella vita e nella missione della Chiesa, perché ognuno partecipa nel modo che gli è proprio dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo”. (Cost. 132 § 2)
Domenica 27 ottobre saremo chiamati a rinnovare i membri dei Consigli Pastorali della nostra Comunità Pastorale. Il Consiglio Pastorale “ha un duplice fondamentale significato: da una parte, rappresenta l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità di cui è espressione in tutte le sue componenti, dall’altra, costituisce lo strumento della decisione comune pastorale”. Ai Consigli Pastorali è affidata la cura che la comunità dei discepoli del Signore viva del rapporto con il Signore. Che sia una comunità che nasce dall’Eucaristia, che ascolta la Parola e che vive un clima di preghiera fedele e fiduciosa, nella persuasione che senza il Signore non possiamo fare nulla. Inoltre, è affidata la cura che la comunità dei discepoli del Signore sia il contesto in cui ciascuno riconosce che la sua vita è una grazia, una vocazione, una missione. In particolare, che l’Oratorio e la pastorale giovanile siano scuola di preghiera e percorso vocazionale accompagnati con sapienza e autorevolezza da adulti che si pensano come Comunità educante. Domenica 6 ottobre sarà la data ultima per raccogliere le candidature per il rinnovo del Consiglio Pastorale. Si invitano tutti coloro che desiderano proporsi di mettersi in contatto con la propria parrocchia. Domenica 13 ottobre saranno presentate le liste nelle varie parrocchie.
Giovedì 10 febbraio 2022, alle ore 21, il Consiglio Pastorale della nostra Comunità si riunirà virtualmente per approfondire il tema della sinodalità.
In occasione dell’incontro via Zoom, sarà chiesto ai Consiglieri di condividere le proprie riflessioni sulle seguenti domande, a partire dalla propria esperienza di vita:
Che cosa puoi rispondere?
Animare la celebrazione: un'arte difficile?
Ogni arte ha un’anima. Altrimenti diventa solo una tecnica. La celebrazione liturgica esprime il continuo incontro e rapporto del popolo cristiano con Dio. Non può ridursi a una tecnica. Perciò tentiamo di ricuperare, attraverso i testi del Concilio, il senso dell’impegno a ben celebrare, e solo di conseguenza trarre qualche indicazione pratica sulle modalità di agire per ognuno di noi.
Riflessioni a partire da "Sacrosanctum Concilium"
Guardando nel suo insieme l’insegnamento del Concilio per capire quale sia l’elemento unificatore possiamo immaginare un albero, che si sviluppa con le radici affondate nell’affermazione del Dio Uno in tre Persone, fondamentale per la fede della Chiesa,
Tronco portante dell’ albero è “Lumen Gentium”, costituzione sulla Chiesa. Da esso si allargano i rami con i frutti, primo tra i quali la costituzione sulla Liturgia, “Sacrosanctum Concilium” (S.C.).
Radice degli sviluppi conciliari: la fede nella Ss.ma Trinità
Lumen Gentium dopo il paragrafo introduttivo presenta il Padre quale fonte del disegno e opera di Salvezza, la missione e l’opera del Figlio, l’azione santificatrice propria dello Spirito Santo.
S.C. § 5 rivela questa comune derivazione dalla fede trinitaria dicendo: “Dio il quale vuole che tutti gli uomini si salvino ... quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto di Spirito Santo” e l’opera delle redenzione umana “è stata compiuta da Cristo Signore, specialmente per mezzo del mistero pasquale”.
Nel § 6 richiama che Cristo ha inviato gli Apostoli come il Padre ha inviato lui, “anche perché attuassero, per mezzo del Sacrificio e dei Sacramenti, sui quali s’impernia tutta la vita liturgica, l’opera della salvezza che annunciavano”.
L’azione salvifica della Trinità continua nell’agire della Chiesa, in particolare con la celebrazione liturgica. Può aiutarci a comprendere tutto ciò una “lettura” del dipinto che si trova in S. Rocco e che abbiamo usato come “icona” del calendario tascabile che abbiamo distribuito a Natale.
La fede nella Trinità accolta ed espansa nella liturgia edifica la Chiesa
Prendiamo atto che noi, che agiamo nella Liturgia, siamo inseriti nel mistero della vita e dell’azione del Dio Uno in Tre Persone.
Di qui un primo rilievo: la realtà liturgica è incontro con Dio ed esige che quanti vi operano ne abbiano una comprensione interiore che diviene azione. Scriveva il futuro beato Paolo VI (lettera su l’educazione liturgica, GB Montini, 1958) “Dobbiamo tendere a dare una compostezza ai presenti … Né si tratta di esigere il semplice contegno educato, come si richiede per uno spettacolo; occorre infondere in tutti il senso d’una azione comune, appunto d’una partecipazione”.
Ciò vale per tutti: chi presiede, chi celebra (il popolo di Dio tutto intero) ministranti, lettori e cantori (sia coro che solisti o voci-guida), chi prepara, sacrestani e addetti alle pulizie.
Siamo partecipi di un avvenimento che ha Dio per protagonista, come “ministri”, uniti con Cristo e il suo Corpo mistico, tutti noi che ne siamo membra.
La consapevolezza della presenza viva di Gesù nelle azioni liturgiche diventa d’altra parte per noi crescita e per gli altri testimonianza della fede in Cristo Risorto. In S.C. § 7 troviamo:
“Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche … in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo”.
La fede in Cristo Risorto
Gesù è presente ed agisce nei Sacramenti perché è vivo. Ed è vivo oggi perché è veramente risorto.
Perciò, dopo l’affermazione di S.C. § 9 che “La Liturgia non esaurisce tutta l’opera della Chiesa” (l’annuncio della Parola infatti viene prima, per suscitare la fede; e la vita di carità l’accompagna e la segue, come necessaria conseguenza); al § 10 leggiamo “Nondimeno la Liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù”.
In Lumen Gentium al § 9 è scritto: “Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”.
In S. C. § 26 leggiamo: “Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è “Sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi”. La celebrazione rende presente in modo efficace l’opera di salvezza con la presenza viva di Cristo e quindi ricostruisce continuamente la Chiesa in quanto Comunità.
A questo punto captiamo un monito proveniente dal testo conciliare, valido anche per noi che veniamo dopo mezzo secolo, sulla necessità di alcune attenzioni da avere. Tento di esplicitare.
Necessità della partecipazione attiva dei fedeli
S.C. 11: “É necessario che i fedeli … nell’azione liturgica … prendano parte consapevolmente,
attivamente e fruttuosamente”
S.C. 30: “Per promuovere la partecipazione attiva si curino le acclamazioni dei fedeli, le risposte, la
salmodia, le antifone, i canti, nonché le azioni e i gesti e l’atteggiamento del corpo.
Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio”.
Nella lettera “Su l’educazione liturgica” Msg. Montini scriveva: “L’educazione liturgica reclama l’azione. Partecipare vuol dire anche questo: agire. … la Chiesa muta esprime l’incomprensione di quel grande momento di pienezza spirituale e di quel grande messaggio di gioia che è la Messa”.
Un popolo che per crescere si raduna e forma una comunità di discepoli
1 - Radunarsi. La parola “Chiesa” deriva da Ekklesìa che alla lettera vuol dire riunione di persone
chiamate fuori dal proprio “privato” e riunite attorno a Cristo.
S.C. 10: “Il lavoro apostolico è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il
Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa … la Liturgia spinge i
fedeli, nutriti dei “sacramenti pasquali”, a vivere in perfetta unione”.
Lavoro per: chi presiede, che deve rivolgersi ai presenti, non celebrare o parlare per sé;
i presenti, che devono superare la sindrome del “mio posto” e radunarsi insieme con
tutti i discepoli attorno e vicino a Cristo, simboleggiato dall’Altare;
la voce guida che deve appunto guidare, stimolando l’assemblea a intervenire e non
“cantare per proprio conto”;
il coro che ha il dovere di favorire la partecipazione del popolo: con la riflessione o la
preghiera del cuore, porgendo la bellezza di un brano musicale, ma soprattutto
accompagnando, dialogando e sostenendo gli interventi di tutta l’Assemblea, senza mai
cedere alla tentazione di cantare per un uditorio a mo’ di concerto!
S.C. 28: “Anche i ministranti, i lettori, i commentatori e i membri della “Schola cantorum”
svolgono un vero ministero liturgico.
2 - Comunità. Il termine indica un gruppo che ha cose in comune e le gestisce con responsabilità
partecipate secondo un progetto condiviso.
Ognuno ha un suo ruolo: per svolgerlo bene ci si deve preparare.
L’improvvisazione (se non imposta da necessità) non dice sincerità ma trascuratezza.
Gli “Operatori liturgici” devono conoscere le prescrizioni del Messale o Rubriche:
S.C. 22: “L’ordinamento liturgico compete unicamente all’autorità della Chiesa”
26: “Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa,
che è “Sacramento di unità”, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la
guida dei Vescovi”.
La celebrazione comunitaria è sempre da preferire.
S.C. 27: “Ogni volta che i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno,
una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e partecipazione attiva dei
fedeli, si inculchi che questa è da preferirsi, per quanto possibile, alla celebrazione
individuale e quasi privata”.
Ricordiamolo: Quando si vuole un rito “per noi soli, perché è più intimo” (es. Battesimo figlio) oppure
si chiedono gesti estranei al rito “perché mi piace di più così” (a volte nei Matrimoni,
talvolta anche ai Funerali).
3 - Discepoli. Dal latino “discere”=“Imparare” indica coloro che seguono un maestro.
La parola al tempo di Gesù indicava chi ascolta, si identifica, vive la propria storia
con il Maestro. I discepoli di Gesù così imparano a vivere da “figli di Dio”.
I discepoli ascoltano la Parola, sono in comunione con il maestro e lo imitano
Ecco in quali modi ci aiuta la Liturgia:
Ascolto della Parola La Bibbia ha gran presenza nell’azione liturgica: per molti è addirittura
l’unico “contatto” con la Parola di Dio, Antico e Nuovo Testamento.
S.C. 24: “Massima è l’importanza della Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da essa
infatti si attingono le letture da spiegare nell’omelia e i salmi da cantare … Perciò, per
promuovere la riforma, il progresso e l’adattamento della Sacra Liturgia, è necessario
che venga favorita quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura, che è attestata
dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali che occidentali”.
Lettori: Riflettere sulla necessità del servizio e sulla responsabilità che genera. Quindi:
1) non sottrarsi all’impegno; 2) prepararsi adeguatamente.
Cori: il canto è parola in musica. Ma la musica deve dare rilievo, non nascondere la Parola.
Quindi: 1) curare bene la pronuncia nel canto; 2) scegliere canti fondati nella Scrittura.
Unione con Cristo I discepoli sono una cosa sola con il Maestro. Noi siamo membra del Corpo
di Cristo (1Cor 12, 12-27) in modo particolare questo si esprime e si realizza
nella Celebrazione eucaristica (1Cor 10, 14-17).
S.C. 7: “Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. …
In quest’opera Cristo associa sempre a sé la Chiesa … Giustamente la Liturgia è vissuta
come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo dei segni sensibili,
viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e
viene esercitato dal Corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il
culto pubblico integrale”.
Ministranti: La loro presenza ha il compito di aiutare l’Assemblea a vivere un momento di vera
comunione con Gesù. È assai importante preparare bene le celebrazioni e viverle
con devozione personale che si veda anche dal comportamento.
Cori e
Voci guida: Le risposte e il canto dell’Assemblea vanno guidati ad una partecipazione devota.
(il termine “Devozione - devoto” deriva dal latino “de-vovere”, che significa “dedicare, votare, impegnare tutto quello che si ha e che si è”.
Ne comprendiamo il significato leggendo quanto dice di Gesù Ebrei 10, 4-12: “è impossibile che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà”. Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà. Così egli abolisce il primo sacrificio per costituire quello nuovo. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del Corpo di Gesù Cristo, una volta per sempre. Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e offrire molte volte gli stessi sacrifici, che non possono mai eliminare i peccati. Cristo invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso alla destra di Dio … Con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati”.
Nostro impegno sia “aiutarci ad avere in noi gli stessi atteggiamenti interiori di Gesù”: questa è
devozione. Qualche indicazione può favorire anche il crearsi di un ambiente adatto:
L’ambiente Chiesa: Sia mantenuto, per quanto possibile, nel silenzio. Eventuali comunicazioni
siano brevi e sottovoce. Evitare il correre o il muoversi in modo scomposto.
La devozione interiore cresce se c’è anche (non solo) compostezza esteriore.
La zona Altare: Sia circondata di venerazione, anche esteriore.
Facciamo attenzione (Confratelli, Sacrestani, Ministranti … ) a non farlo diventare
un “tavolo di appoggio oggetti”; anche per la Messa si eviti, se è possibile, che
dall’inizio ci siano sopra messale, ampolline, calice … se ci sono ministranti si
dovrebbero portare al momento dell’utilizzo.
Storia vissuta insieme. Il Discepolo vive la sua storia insieme al Maestro. I Vangeli narrano la
storia vissuta dai discepoli con Gesù. La Liturgia ci fa accompagnare la
vita di Gesù nella quotidianità per mezzo de
l’anno liturgico. Nelle celebrazioni ognuno rivive i momenti della storia terrena di Gesù.
“Lumen Fidei” n. 57: “All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che
spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna,
di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un
varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e
offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce”.
Celebrando l’attesa del Signore, la sua nascita, la predicazione e i miracoli, la Passione gloriosa
e la sua Risurrezione, con cui ha garantito anche a noi la vittoria sulla morte, noi uniamo la storia
di Gesù alle nostre e la luce della fede in Lui dà speranza e orientamento alla nostra esistenza.
Cresciamo così come suoi veri discepoli.
Vivendo la Liturgia ci edifichiamo come vero Popolo di Dio.
Popolo che afferma la sua fede negli avvenimenti di Incarnazione, nascita, Passione, Morte e
Risurrezione di Cristo.
Attinge da Lui la forza per il vivere quotidiano incontrandolo nei gesti che Egli stesso ha lasciato
di compiere in sua memoria
E va con speranza gioiosa incontro a Lui che certamente verrà, nella gloria, per fare cieli nuovi e
terra nuova.
Dare indicazioni pratiche o suggerimenti tipo “furbizie del mestiere” sarebbe come impoverire il dono che Dio fa alla sua Chiesa e alla nostra vita e quasi banalizzarlo.
Sono state proposte riflessioni che giustifichino l’impegno per una liturgia vissuta nella fedeltà al rinnovamento promosso dal Concilio Vaticano II.
Animare la celebrazione rimane un’arte difficile. Ma vale la pena di affrontare le difficoltà e si troverà il modo di superarle. Mille difficoltà non fanno un dubbio.
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