Helga era una cittadina di Berlino Est.
Aveva 18 anni e si era innamorata di un medico russo, Dimitri, del quale era rimasta incinta. Era una ragazza come tante: sogni nel cassetto da realizzare e un grande amore nel cuore, che però viveva dall’altra parte del Muro. Era notte quando Helga si fece coraggio e decise di correre verso la libertà, senza poter immaginare quello che l’aspettava davvero… Mentre tentava di mettere in atto il suo rudimentale piano di fuga, infatti, fu sorpresa da una sentinella della DDR (la sicurezza a guardia del muro) e immediatamente arrestata.
Fu imprigionata nel carcere femminile di Hoheneck. Lì, dopo 23 ore di travaglio, diede alla luce il suo primo figlio, Franz, che le fu portato via dopo 4 mesi e riabbracciò solo dopo 7 lunghi anni.
Nel suo diario, si legge: “Ero convinta di dover morire. Mi chiesi come sarebbe stato se fossero gli uomini a dover partorire al posto nostro… Forse per questo gli uomini non si creano molti problemi a uccidere esseri umani. Non sanno quanta fatica ci vuole per farli nascere”.
Miriam, 16 anni di puro coraggio, cresciuta nella povertà della Berlino Est.
Nonostante questo, aveva un sogno di libertà verso l’Occidente. Tanto che, nella notte di San Silvestro del 1968, decise di mettere in atto il suo piano di fuga. Ma qualcosa andò storto. Tra lei e la libertà, c’era un muro troppo alto per le sue forze. ‘‘Ho ancora le cicatrici del filo spinato. Quei tagli che mi sono procurata tentando di scavalcare il muro. Ricordo il filo spinato che si srotolava come un tubo, i pantaloni completamente strappati, io bloccata, senza potermi muovere. Un arlecchino su un palcoscenico all’aperto’’. È sopravvissuta Miriam a quell’inferno e per questo oggi possiamo raccontare la sua storia attraverso alcuni passaggi del suo diario.
“Mio caro Christoph, mio povero Christoph. Voglio essere breve per non addolorarti troppo. Ritorno ora dall’ufficio competente e sono molto avvilita.
Mi è stato spiegato che si rilasciano autorizzazioni esclusivamente a parenti di 1 grado. Anche a Natale, nessun lasciapassare, e tantomeno per i fidanzati. Ciò che abbiamo da discutere, possiamo comunicarcelo tranquillamente per iscritto. Ecco quanto mi ha detto la signora con cui ho appena parlato.
E mi ha consigliato di chiederti cosa intenderai fare d’ora in avanti, visto che per il momento di trasloco non se ne parla neanche – e se proprio vogliamo sposarci potremmo farlo quando c’è la fiera. Tuttavia, dobbiamo renderci conto delle conseguenze a cui andiamo incontro. E nessuno può sapere quando ci sarà un trattato di pace. Naturalmente questa non è una legge, e nemmeno un ricatto!
Il fatto è, mi ha spiegato, che qui adesso dobbiamo darci da fare tutti quanti, e non si può fare a meno di nessuno. Insomma, se le tue intenzioni nei miei confronti sono davvero serie, potrai dimostrarlo venendo qua durante la fiera, quando ti daranno l’autorizzazione. Nulla ti impedisce di fare questo passo. Devo dirti che la logica di concederti il lasciapassare per la fiera ma a Natale invece no, è qualcosa che non riesco a comprendere a fondo; però davanti a lei sono rimasta zitta e tranquilla.
E non le ho neppure detto che voglio trasferirmi assolutamente ad ovest – che del resto non sarebbe nemmeno la verità, ma al contrario, ho spiegato che tu hai intenzione di venire a vedere quali possibilità di lavoro avresti qui da noi; e che prima non si possono affatto prendere decisioni definitive.
Caro Christoph, so bene che in questo momento tu sei molto triste, ti abbraccio forte, ti bacio, ti accarezzo, appoggio la mia bocca sui tuoi occhi. Non essere triste, io tengo duro e sono convinta che il nostro amore sarà più forte di ciò che attualmente ci separa. Adesso chiudo perché ho altre lettere da scrivere.
Per sempre tua, Dorothea.”
L’amore vero supera ogni barriera, si sa, e anche quello di Dorothea e Christoph non cessò certo di esistere per un muro imposto da un regime. Non potendo incontrarsi, l’unica cosa che potevano fare era scriversi lettere e telegrammi, e così fecero prima di riunirsi. Dorothea riuscì a fuggire, superando il confine verso Ovest, grazie ad un passaporto falso. È così che la coppia di fidanzati poté contrastare la politica di segregazione impostagli fino ad allora.
Ma come loro, furono separate dal muro tantissime altre persone, basti pensare che circa 5000 di loro riuscirono ad oltrepassarlo, ma più di 200 morirono provandoci. Come va a finire la storia lo sappiamo tutti, il muro smise di portare separazione e sofferenza la sera del 9 novembre del 1989, decine di migliaia di berlinesi dell'est presero d'assalto i varchi del muro in segno di libertà e furono accolti con grande gioia dai loro fratelli dell'ovest,
Separati tra di loro dalle diverse ideologie socio-politiche ma tutti accomunati dal fatto di essere umani.
Corinzi 1, 10-13; 3,4-7
Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti. Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi. Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: «Io sono di Paolo», «Io invece sono di Apollo», «E io di Cefa», «E io di Cristo!». Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?
[...] Quando uno dice: «Io sono di Paolo», e un altro: «Io sono di Apollo», non vi dimostrate semplicemente uomini? Ma che cosa è mai Apollo? Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere.
Il muro di Berlino per noi giovani forse non significa molto. Sì è vero, lo studiamo a scuola e ci raccontano di come di fatto dividesse in due non solo una città ma il mondo intero.
Però mi risulta complicato pensare a cosa il muro di Berlino abbia significato per chi quel periodo l’ha vissuto, i loro pensieri (i vostri pensieri), le loro sensazioni, le loro paure.
Fermiamoci a pensare, alle origini di quel muro che non fu fatto solo di mattoni, ma soprattutto, di scontri, diverbi, patti e guerre.
In tedesco il nome del muro è “Antifaschistischer Schutzwall”, tradotto Barriera Antifascista.
Pensandoci è molto significativo. Il termine barriera suscita proprio un senso di distacco, di necessità di allontanarsi e di proteggersi dal diverso, in questo caso la diversità si giocava sull’ideologia politica (i sovietici consideravano chiunque altro “nazista” essenzialmente)
il muro costruito dai tedeschi dell’est, per evitare la fuga dei propri cittadini nella Berlino dell’ovest, divideva esattamente la Germania in due blocchi profondamente diversi. Da una parte la repubblica federale tedesca controllata formalmente dagli stati uniti e dalla NATO, mentre dall’altra la repubblica democratica tedesca assoggettata all’unione sovietica ed al patto di Varsavia.
Due ideologie politiche, economiche e sociali profondamente differenti che ovviamente non potevano coesistere se non in maniera del tutto temporanea (come appunto era successo quando hanno combattuto entrambe contro il nemico comune nazista).
Ora, questa sera il muro di Berlino è solamente un esempio che ci aiuta certamente a ricordare ma che ci porta soprattutto a riflettere.
Per quanto possa sembrare un esempio distante e inadatto, si presta in realtà molto a riflettere sulle nostre vite e sulle azioni del quotidiano.
Ogni giorno prendiamo decisioni, diciamo cose e ne omettiamo altre, convinti che tutto ciò che scegliamo di fare o non fare sia giusto in quel momento per noi stessi, senza considerare le ripercussioni su ciò che ci circonda.
Quante volte una scelta, ma anche più banalmente un pensiero, ci fa erigere un muro verso l’altro? verso il diverso? verso chi non la pensa come me? Noi pensiamo, parliamo e agiamo per estremi, a volte senza nemmeno considerare l’esistenza di altre possibilità. In altre parole ci chiudiamo nelle nostre ideologie, ci chiudiamo al mondo e agli altri.
La vita frenetica di oggi ci costringe a scegliere e a prendere posizione istantaneamente su tutto, ci costringe subito a dire “io sono di paolo”, o “io sono di apollo” e chi è di paolo rimane di paolo e chi è di apollo invece rimane di apollo, due blocchi concentrati, polarizzati, distanti. Questa contrapposizione cancella qualsiasi sfumatura, chiunque non la pensi esattamente come me, va considerato automaticamente dall’altra parte (o sei con me o sei contro di me).
Molte volte, queste differenze possono diventare odio, ma anche paura. Paura di aprirsi alle alternative, paura di perdere la propria identità o di intaccarla e perderne la “purezza”. E allora ecco che ci chiudiamo nella nostra bolla, senza possibilità di uscita.
Nell’ultimo periodo abbiamo avuto il piacere di ospitare nella nostra comunità Don Alberto.
Nel corso delle serate ci ha parlato di tematiche molto spinose e divisive sull’inizio e il fine vita oltre che delle questioni di genere. Penso che chi di noi ha seguito gli interventi si sia accorto di quanto il dibattito fosse polarizzato tra chi era a favore e chi contro. Nella chiesa ad oggi sta succedendo esattamente questo, una continua battaglia ideologica tra una tradizione da mantenere, e una necessità di innovare per stare al passo con l’evoluzione della società odierna.
Il problema è radicato in noi, nella nostra società e anche nella nostra storia, ma non per questo non possiamo fare nulla per combatterlo. Aprirsi all’altro, è possibile, ed è solo se ci riusciamo che insieme possiamo concorrere per qualcosa di più grande. Come ci dice San Paolo, ognuno di noi è una parte, c’è chi pianta e c’è chi irriga, ma da solo non rimane che quella parte, singola ed isolata, quando invece si incontra il diverso, si incontrano le altre parti, allora si può veramente costruire il piano di Dio.
Spesso pensiamo di avere tutte le informazioni a riguardo di un argomento e che siano sufficienti per fare una scelta. Ma la realtà molto spesso è più complicata di quanto possa sembrare.
Non per forza bisogna cambiare le proprie idee, ma è sempre necessario metterle in discussione. Per farlo però bisogna uscire dalla propria bolla, mettersi in gioco e informarsi.
Un seme per la pace: guarda il video qui a lato prima di leggere
Matteo 5, 38-48
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da' a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle.
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Intervistatore: Cosa significa per te e per i tuoi concittadini questo muro?
Israeliano: questo muro lo abbiamo costruito noi israeliani in Cisgiordania a partire dalla primavera del 2002, come non farlo ci serviva una valida difesa dagli attacchi terroristici;
Palestinese: per noi palestinesi è uno strumento di segregazione razziale, costruito per tenerci lontani;
Intervistatore: alla luce di ciò come lo chiamate nella vostra quotidianità?
Israeliano: noi lo chiamiamo in diversi modi "chiusura di sicurezza israeliana", "muraglia di protezione" o "muro salvavita",
Palestinese: noi invece lo chiamiamo "muro della vergogna" o “muro di separazione razziale”.
“Io vi dico di non opporvi almalvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra”“amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori”. Ciò che Gesù cichiede di fare non è di certo facile o scontato, ci chiede di andare controcorrente, ci chiede di essere luce in un mondo pieno di ombra. Ciò che cichiede è di non farci controllare da meccanismi di odio e di violenza chesempre più spesso vediamo messi in atto ogni giorno, dappertutto. È evidenteche sia veramente difficile, che tutto ciò richiede notevole impegno. Anche acausa della società in cui viviamo oggigiorno, una società che ci obbligasempre a competere per il primo posto, una società piena di odio e diingiustizie.
Ad esempio, è notizia di questigiorni la morte di due donne a Gaza, una madre e sua figlia. Mentre le due sitrovavano nel complesso parrocchiale della Sacra Famiglia, uno dei pochi rifugiche venivano considerati “sicuri”, un cecchino ha sparato prima alla madre, epoi alla figlia che ha cercato invano di soccorrerla.
Un esempio di come non siaimpossibili apririsi e non opporsi a chi dovrebbe essere un nemico ce lo dannorami e Bassam. Erano entrambi soldati, guerriglieri, ma uno israeliano e unopalestinese. Due nemici per natura direte voi.
Invece grazie a questaassociazione, Parents Circle, di cui fanno parte più di 600 famiglie, si sonoincontrati e sono diventati anche molto amici.
Forse un’altra domanda però che visarà sorta spontanea è: “perché?” “Perché dovremmo amare un nostro nemico?” Mala risposta si trova nel Vangelo e arriva direttamente da Gesù: “Infatti seamate quelli che vi amano, quale merito ne avete?” “E se date il salutosoltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?”
Rami e Bassam non si sono limitatiad amare i loro compagni ma hanno amato il nemico, colui che sembravaimpossibile da amare. Grazie al loro incontro hanno scoperto di portareentrambi un immenso dolore nel cuore per la perdita delle loro due figlie proprioa causa di questa folle guerra. Allora forse se abbiamo il coraggio diavvicinarci aglialtri potremmo scoprire di avere molte più cose in comunedi quelle che pensiamo.Rami ci dice esplicitamente: “Rispetta il ragazzoaccanto a te come vorresti essere rispettato tu”.
Allora stasera il messaggio chevorrei tutti ci portassimo a casa è che, è vero che non è affatto facile ma Gesù ci scomoda, ci scuote e ci interroga. Lasciamoci scomodare, lasciamoci scuotere e lasciamoci interrogare.
Le famiglie divise dal muro tra Stati Uniti e Messico: guarda il video prima di leggere
Luca 16, 19-31
C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno. Abramo rispose: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi”.
E’ una storia drammatica quella che l’umanità sta vivendo da ormai circa 30 anni. Il governo Americano, agli inizi degli anni 90’, decise di bloccare l’entrata nel Paese da parte di tutti quei migranti provenienti da centro-sud America in cerca di una vita migliore. Per far ciò, stanziarono miliardi per erigere un muro invalicabile: centinaia di chilometri di metallo, reti, telecamere, sensori che controllano 24 ore su 24 il confine meridionale degli Stati Uniti. Tutto ciò è stato fatto essenzialmente per una principale ragione: proteggersi. Intanto però ha creato dolore e separazione, sia quella tra due popoli, sia all’interno delle famiglie, che come abbiamo visto, non si possono ricongiungere o incontrare.
Ma proteggersi da chi? Da persone che aspirano a una vita migliore? Da uomini, donne e bambini che cercano di ricongiungersi con i propri cari? Da ragazzi che cercano di inseguire i propri sogni? Da un popolo che non è come noi? Che non ha le nostre stesse possibilità?
L’invito di questa sera è prendere questo spunto geograficamente molto lontano da qui per guardare un pò dentro noi stessi.
Quante volte durante la nostra vita di tutti i giorni ci capita di avere relazioni con persone “diverse” da noi? Con diverso però non si intende solo persone straniere e di altre culture, ma anche persone con delle difficoltà motorie, con spettro autistico, persone affette da qualche malattia cerebrale… E quante volte abbiamo paura!
Quando incontriamo qualcuno diverso da noi, la reazione più spontanea che abbiamo è di creare una distanza, allontanarsi da lui, cercare di avere meno contatti possibili perchè la diversità è scomoda e impegnativa.
E questo non è come mettere un muro? Alla fine è questo ciò che un muro fa: crea distanza, divide, allontana chi è più debole, più indifeso e più povero.
Anche il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi mostra il muro che il ricco ha creato tra sé e il povero. Ma ha compreso troppo tardi che il muro che aveva eretto è stato poi la sua condanna, infatti nella vita eterna sarà quel “grande abisso” tra lui e Lazzaro a non permettergli di bagnare la lingua con il dito. Sarebbe bastato qualche piccolo gesto in più per fare la differenza.
Credo che nella nostra comunità si stia già lavorando per abbattere questo “muro”: tramite ConTeSto stiamo imparando ad avere delle attenzioni e una cura verso ogni persona, anche le più fragili. E abbiamo iniziato ad instaurare un dialogo con la comunità musulmana, ma credo che ognuno possa fare un piccolo passo per colmare queste distanze.
Prendiamo l’esempio del muro del Messico. Nel 2009 due architetti hanno progettato delle altalene da montare lungo il muro per fare in modo che i bambini dei due stati potessero giocare tra loro senza violare il confine e creando unione tramite una cosa che è stata pensata e creata per dividere. La creazione delle altalene ha innumerevoli significati: è simbolo di parità ed equilibrio, mostra come le azioni che avvengono da un lato si ripercuotono sull’altro e viceversa e funziona solo tramite la collaborazione reciproca, per cui mostra che ogni persona è fondamentale.
Ma soprattutto invita ad avere lo sguardo che hanno i bambini. E in questo periodo più che mai, bisognerebbe volgere lo sguardo verso quella mangiatoia. È lì che troviamo le nostre risposte: Dio che a Natale non crea distanze, non si allontana, non ci abbandona, ma viene in mezzo a noi. Non ci separa da Lui con un muro, ma si fa come noi, ci tende la mano, e in qualsiasi situazione siamo, dalla più felice alla più drammatica, ci è accanto.
Allora forse è un po’ questo che significa il Natale: non avere paura delle diversità che incontriamo ogni giorno, tendere la mano a chi è in difficoltà, prendersi cura di chi è meno fortunato di noi.
Un piccolo impegno che potremmo prenderci in questi giorni è quello di curare le piccole azioni quotidiane e avere più cura verso il prossimo, “vicino” o “lontano”. Magari anche dimostrando un po’ più di affetto verso i nostri cari tramite un abbraccio, senza dare mai nulla per scontato.
Per concludere: vogliamo lasciarvi dunque con questo messaggio bellissimo di Giovanni Paolo secondo:
“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”.
Giovanni 1, 1-14
In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
L’uomo da sempre ha innalzato dei muri e delle barriere, per separare il diverso, per proteggersi da ciò che non conosce, per tenere distante chi la pensa diversamente da lui, per placare la paura dell’ignoto. Nel mondo ci sono uomini e donne che lottano e hanno lottato per abbattere questi muri e per annullare le distanze, ma per quanta fatica facciamo quei muri sono sempre davanti a noi e i nostri sforzi ci fanno aprire solo delle piccole brecce.
E’ Gesù che venendo nel mondo ha abbattuto ogni muro di divisione sia quello tra popoli e nazioni, sia le barriere fisiche e mentali che innalziamo ogni giorno. E’ Dio che non ha ritenuto un privilegio il suo essere Dio e si è fatto bambino, bisognoso di tutto, povero tra i poveri; ed è venuto per tutti!
San Francesco, di cui quest’anno ricorrono gli 800 anni dal suo presepe vivente, ci ricorda che nel presepe ciò che era essenziale per lui era la presenza di Gesù eucaristia. Per questo lasciamo che oggi venga tra noi!
Durante la serata abbiamo donato delle targhette come simbolo di queste sere e un impegno per i prossimi giorni, sul retro c’è rappresentato un muro che dobbiamo abbattere. Dietro ogni targhetta c'è scritta una categoria di persone "diverse" di cui abbiamo parlato nel corso delle serate a cui provare ad avvicinarsi abbattendo il muro che ci separa. L’impegno che abbiamo lasciato è quello di fare un gesto nei loro confronti per abbattere le barriere fisiche e mentali che ci separano.
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